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Recupero dati ENEA

Durante l’autunno del 2015 abbiamo ricevuto da ENEA di Casaccia il compito di tentare il recupero dati su una serie di nastri magnetici apparentemente registrati negli anni 80 (Da quanto desunto, sembra trattarsi di misure di vibrazioni su monumenti storici).

Accettando la sfida, abbiamo ricevuto un pacco contenente 10 nastri magnetici a standard 9 tracce.

I nastri si presentano integri, chiusi, dotati di anello di abilitazione scrittura; la scatola di cartone e’ impolverata, all’interno sono presenti calcinacci e frammenti di polistirolo.

I nastri magnetici sembrano impolverati ma integri. Le etichette sembrano aver subito l’attacco di parassiti del tipo Lepisma Saccharina. Alcuni nastri sembrano essere contaminati da muffe, il che fa presumere un elevato tasso di umidita’ nel luogo di conservazione originario.

La prima fase del recupero e’ stata l’acclimatamento dei nastri, avvenuto per almeno 30 giorni in contenitore chiuso a temperatura costante con assorbitori di umidita’ al silicone. Nel frattempo, preso nota delle marche e modelli di ogni singolo nastro, abbiamo cercato nel nostro archivio una serie di nastri dello stesso tipo ed eta’, su cui sperimentare in sicurezza alcune tecniche di recupero.

Dopo 30 giorni di acclimatamento, ogni nastro e’ stato pulito esternamente.

In base ai test effettuati sui nastri magnetici dello stesso modello e dello stesso periodo storico, in nostro possesso, rileviamo che questi purtroppo soffrono della cosidetta “sticky shed syndhrome”, una degradazione del collante che lega l’ossido di ferro al supporto di polietilene. Il composto chimico che garantiva tale adesione ha assorbito umidita’ e per idrolisi il composto si e’ degradato, perdendo le naturali caratteristiche di scorrevolezza (autolubrificazione) tipiche delle materie plastiche, diventando piuttosto appiccicoso.

Questo problema rende impossibile la lettura del nastro poiche’ ad ogni passaggio viene staccato del materiale magnetico dal nastro, che va ad appiccicarsi sulla testina e sugli organi di movimento del lettore di nastri, il quale alla fine si inceppa definitivamente.

Maggiori dettagli su questa problematica possono essere trovati qui:

http://richardhess.com/notes/2007/03/21/soft-binder-syndrome-and-sticky-shed-syndrome/

Seguendo una procedura tarata e testata su nastri dello stesso modello (MEMOREX MRX-V) ed epoca storica, in nostro possesso, abbiamo effettuato per ogni nastro un ciclo di “cottura”, con durata e temperature prestabilite, utilizzando uno speciale forno ventilato e controllato, in modo da estrarre l’umidita’ residua e rendere temporaneamente stabile la superfice del nastro magnetico in modo che sia possibile leggerlo.

Inoltre, l’utilizzo di speciali prodotti chimici hanno garantito una migliore scorrevolezza del nastro magnetico nel nostro lettore dati, connesso a sistema GNU/Linux e pilotato da apposito software di recupero dati.

Il risultato di questa lavorazione ha dato esito positivo per ogni nastro, recuperando il 100% dei dati.

Sul nastro numero 4 abbiamo constatato, nella zone priva di dati (zona che non e’ mai stata “svolta”) un problema di delaminazione del materiale magnetico, che si evince dalla foto allegata. Siamo stati fortunati a non aver subito questo tipo di problema sulle zone contenenti dati, poiche’ avrebbe sicuramente significato la perdita di informazioni dal supporto.

La lettura dei dati e’ stata effettuata in modalita’ RAW fino alla fine fisica del nastro, in modo da essere certi di avere letto qualsiasi dato eventualmente presente (compresi dati in coda nastro, cancellati o altro), indipendentemente dalla quantita’ di file contenuti nel nastro stesso o da una eventuale formattazione in record.

I dati sono salvati in formato raw con l’estensione .tpr; dato che il formato di codifica e’ EBCDIC (sistemi IBM 360?) abbiamo anche effettuato una conversione in formato ASCII che si trova nel file con l’estensione .asc, rendendo i dati immediatamente leggibili.

La numerazione progressiva dei nastri secondo la nostra sequenza di lettura e’ stata da noi segnata a matita sull’etichetta originale.

I dati estratti sembrano essere sequenze di valori numerici intervallati da spazi.

Finito il lavoro abbiamo provveduto a restituire i nastri ad ENEA.

MusIF / MIAI staff,
Museo dell’Informatica Funzionante
Palazzolo Acreide, 02/11/2015

Bibliografia:

http://bitsavers.informatik.uni-stuttgart.de/pdf/ibm/magtape/papers/Polleys_Why_Tapes_Stick_A_Rationale_1974.pdf

http://richardhess.com/notes/formats/magnetic-media/magnetic-tapes/analog-audio/degrading-tapes/

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Restauro PDP11/23 plus

Recuperammo questo PDP11/23PLUS tanti anni fa, a Pescara, grazie ad un contatto avuto da Alexander “Smilzo” Gnoli. Fu un viaggio incredibile, in camper, insieme a Giuliano “Vampire”, stipammo un sacco di hardware dentro un FIAT 242 e mettemmo a riposare nel nostro deposito.

Una prima analisi rivelo’ il problema principale di questo PDP11/23PLUS: l’alimentatore era mancante di alcune parti, e cio’ che restava era cannibalizzato. Questo alimentatore generava anche un segnale di clock a 50 o 60 Hertz, necessario per il funzionamento di alcuni sistemi operativi. Indagammo un po’, poi mettemmo tutto da parte, conservando il sistema.

Un paio di anni fa insieme ad Andrea “Mancausoft” considerammo l’idea di adattare un comune alimentatore ATX da pc, creando un circuito per avere il clock da 60 Hz. Pensammo di generarlo direttamente dalla 220V, facemmo alcuni test, poi il tempo ci manco’ e mettemmo nuovamente tutto da parte.

Un anno fa progettammo una schedina adattatrice per collegare l’alimentatore ATX al PDP11/23PLUS, con un ATtiny85 programmato per generare il clock (una scelta particolare: avremmo potuto estrarre un clock direttamente dalla frequenza di rete elettrica a 50Hz oppure anche creare un semplice circuito oscillante con un NE555; Andrea ha ritenuto piu’ pratico usare un ATtiny85 😉 ). Venne creato un primo prototipo, che testammo con successo. Il sistema non andava comunque al di la’ del test della memoria, era necessario un debug approfondito. Ancora una volta ci manco’ il tempo, e cosi’ accantonammo nuovamente tutto il sistema, mettendolo da parte.

Recentemente Andrea ha progettato la versione definitiva della schedina adattatrice, che vedete nelle foto seguenti. Ieri abbiamo finalmente testato e montato tutto: il sistema si accende, fa i test di memoria ma restituisce un errore sull’unita’ a disco RL02 da cui dovrebbe fare il boot.

Decidiamo cosi’ di smontare ogni scheda, pulire bene ogni contatto, verificare tutti i jumper di configurazione presenti sulla scheda CPU, una KDF11BA (il manuale e’ qui). Approfittiamo anche per fare una copia delle ROM di boot presenti sulla scheda CPU. Inoltre smontiamo la scheda di controllo dell’unita’ RL02, puliamo i contatti a pettine con gomma da cancellare e WD40, riassestiamo ogni connettore, riproviamo… ed ecco il boot del sistema! Il computer ora funziona perfettamente, carica il sistema operativo ed e’ utilizzabile al 100% 🙂

Prima fase, scheda adattatrice sperimentale:

Seconda fase, scheda prototipo #2 e restauro funzionale completato:

Gli schemi si trovano qui:

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Presentazione progetto Apple 1

VENERDI 13 Settembre 2013, presso il Museo dell’Informatica Funzionante, Via Carnevale 17, 96010 Palazzolo Acreide (SR) – ITALY

Con L’APPLE 1 e’ iniziata l’era del “personal computing”, un computer da tenere in casa sulla propria scrivania, una visione all’epoca avveneristica e che ha aperto la via per il futuro dell’interfaccia uomo-macchina. Nato dal genio di Steve Wozniak, ha portato la Apple dove oggi e’, grazie anche alla spregiudicatezza imprenditoriale di Steve Jobs.

All’epoca furono prodotti circa 200 pezzi ed oggi al mondo ne esistono circa 50, di cui solo una dozzina funzionanti. L’APPLE 1 e’ stato sin dall’inizio un progetto aperto, i cui schemi e le cui istruzioni giravano tra gli appassionati ben prima della creazione della Apple  come societa’. Da questa scheda primordiale, Steve Wozniak ha successivamente creato l’APPLE 2,  un colossale successo che ha trasformato due ragazzi in miliardari.

Al Museo dell’Informativa Funzionante abbiamo iniziato questa avventura quasi due anni fa: ricostruire da zero, partendo da una scheda completamente vuota, un computer APPLE 1 funzionante, utilizzando il piu’ possibile strumenti e componentistica dell’epoca o antecedente alla data della sua creazione, il 1976.

Un anno e mezzo e’ stato speso alla ricerca di circuiti integrati, connettori, componenti elettronici di vario tipo, comprati nuovi o trovati di seconda mano in varie parti del mondo, ma comunque tutti identici agli originali, con le giuste caratteristiche e dello stesso periodo storico. Il progetto, gestito da un team locale, ha coinvolto appassionati e professionisti da tutto il mondo.

Presentiamo quindi questa nostra creazione, realizzata interamente in Sicilia, a Palazzolo Acreide, in Italia: un esemplare di APPLE 1 perfettamente funzionante, ricostruito con attenzione per tutti i minimi dettagli ed impiegando solo componentistica originale.

Con questo comunicato intendiamo invitare tutti all’evento della sua prima accensione, di persona o da remoto.

Venerdi 13 Settembre 2013:

  • 19:00 – Presentazione del progetto APPLE 1 e del computer funzionante
  • 19.30 – Accensione del computer APPLE 1, con dimostrazioni di funzionamento
  • 20:00 – Aperitivo

Presenza remota:

Per tutti i presenti a Palazzolo sara’ inoltre possibile partecipare ad una visita guidata della nostra esposizione “Apple, il genio di Steve Wozniak”, con computers Apple funzionanti e curiosita’ dal 1978 al 1999.

Per maggiori informazioni, cartella stampa ed interviste scrivere a museo@freaknet.org