Museo Interattivo di Archeologia Informatica – MIAI
Via C. B. Cavour 4, 87036 – Rende (CS)
“Avvicina…” è una mostra che racconta un’epopea stratificata di generazioni di persone coinvolte in vicissitudini molto diverse e distanti nel tempo, ma che trovano un punto di contatto quantistico in un luogo che è rimasto per lungo tempo abbandonato: l’ala Sud dell’edificio ex-CUD a Rende (CS).
L’ultima parte della vicenda, quella che porta alla esposizione temporanea che state visitando, inizia nel 2017 con il recupero di una pietra miliare della storia dell’informatica, il GE-120 da parte del Museo Interattivo di Archeologia Informatica – MIAI.
Al fine di conservare questo mainframe, l’Associazione Culturale Verde Binario ETS che cura il MIAI sin dalla sua nascita nel 2002, è intenta a bonificare il piano seminterrato dell’edificio che ospitò il Consorzio dell’Università a Distanza (CUD), la prima università telematica nata in Europa nel lontano 1984 da una nutrita compagine di attori pubblici e privati.
Durante i lavori, in mezzo a tonnellate di carta destinate al macero, ecco riemergere dei faldoni etichettati “Progetto Arte”. È un censimento curato da Simonetta Lux negli anni ‘90 che raccoglie informazioni su 50 artiste e artisti connessi in vario modo alla Calabria.
La penna, la carta, la macchina per scrivere, la posta, il computer, il telefono sono gli attrezzi e i mezzi per comunicare.
Il CUD commissionò questa ricerca con lo scopo di organizzare una mostra, da realizzare come evento di inaugurazione per la sua sede nazionale, sita proprio a Rende. La mostra non fu mai fatta, e qualche anno dopo, nel 1998, il CUD fallì.
L’idea è quella di riprendere in mano il progetto “Avvicina”, trattandolo sia come archivio storico, sia attualizzando ed espandendo il suo scopo originale. Il primo passo è quello di preservare il materiale ritrovato rendendo più facile la sua consultazione.
Durante la fase di bonifica degli spazi e di allestimento della nuova sede del MIAI, dal 2022 inizia la digitalizzazione con lo scanner “planetario” in dotazione alla biblioteca del MIAI e lo studio dei documenti recuperati. Grazie anche ad una collaborazione già in essere con l’Accademia di Belle Arti (ABA) di Catanzaro, che ha messo a disposizione di questo progetto quattro dei suoi tirocinanti, e grazie alle volontarie e ai volontari di Servizio Civile Universale (SCU), i quali prestano servizio presso l’Associazione Culturale Verde Binario ETS. Tra l’entusiasmo e la meraviglia si fa strada l’idea di far conoscere questo tesoro.
Abbiamo colto l’opportunità dell’Avviso Pubblico Attività Culturali 2023 AZIONE 6.8.3 – PAC 2014/2020 della Regione Calabria per dare una configurazione progettuale e per avere la possibilità di affrontare la complessità, anche economica, del processo di realizzazione delle nostre idee.
La ricerca del 1990 di “Avvicina” era finalizzata a fornire una panoramica su “Arte in Calabria dal 1945 ad oggi”. Riavviando il progetto dopo 30 anni ci appare naturale prendere sul serio la parola “oggi”, e proseguire il censimento fino ad arrivare ai giorni nostri.
Si sente la necessità di condividere il racconto, finanche geografico, dell’arte e delle memorie di tanti artiste e artisti che restituisce al contempo uno spaccato sociale, politico e istituzionale in rapida evoluzione, in cui le persone si sentono coinvolte, non indifferenti, e si esprimono.
Abbiamo voluto riattivare l’archivio per costruire una prospettiva di futuro non solo chiedendo di aggiornarlo a chi vi aveva già partecipato ma iniziando a coinvolgere nuovə artistə.
Ora tocca anche al pubblico attivarsi.
Abbiamo fortemente voluto che la mostra coincidesse in tutto e per tutto all’idea originaria di allestimento tra la sala mensa e il parcheggio del CUD.
Con la mostra di oggi vogliamo restituire continuità ad una vicenda giocoforza spezzata.
Ci siamo sentitə di non fermarci ai documenti ma di esporre le opere originali, restituendo bellezza e senso agli stessi spazi, ormai sgretolati, in cui doveva essere realizzata.
“Avvicina…” è un’azione di pace perché restituisce ragionamento, è un’azione di cura verso ciò che ci circonda, è l’imbastitura di una nuova tela di relazioni a partire dagli artistə che si sono lasciati coinvolgere senza remore.
“Avvicina…” è frutto di una curatela collettiva fatta di persone accomunate da un’attitudine hacker che hanno competenze ed esperienze diverse, multidisciplinari e interdisciplinari, alcune anche lontane dal mondo dell’arte, che grazie all’archivio si sono avvicinate ad essa.
…Vi aspettiamo per l’inaugurazione: sabato 27 Settembre 2025, alle ore 17:30 presso la sala conferenze del RiMuseum (contiguo alla nostra sede e alla mostra)
da venerdi 25 luglio a domenica 27 luglio 2025 c/o sede Museo Interattivo di Archeologia Informatica (MIAI) – Edificio Ex-CUD – Via C.B. Cavour 4, Rende (CS)
…per il quinto anno consecutivo, un fine settimana di mezza estate dedicato al restauro del sistema GE-120 dei musei MIAI e MusIF!
Nelle scorse 4 sessioni di lavoro: abbiamo dato un’occhiata alla documentazione, che è stata in seguito interamente scansionata e pubblicata su archive.org ; abbiamo testato e ove necessario riparato tutte le schede logiche che compongono il processore del sistema, restaurando la console di diagnostica originale, che è stata anche rimpiazzata/integrata con un dispositivo hardware moderno progettato e costruito da noi.
Infine, l’anno scorso abbiamo finalmente dato fuoco alle polveri, accendendo il processore! \o/
La CPU fa cose e sembra avere una sua “stabilità”, ma sembra anche avere un FAULT acceso e non sappiamo ancora bene se sta effettivamente funzionando nel modo corretto (ad es. sembra che non abbiamo ancora un clock).
* Quale e’ il piano per questa sessione?
Per capire se il processore fa le cose che dovrebbe fare nel modo in cui dovrebbe farle, è necessario eseguire dei test software. Le routine di diagnostica necessarie a proseguire i test sono salvate su delle schede perforate.
I task di questa sessione sono continuare a studiare il processore (sia gli internals del suo funzionamento, sia la procedura pratica con la quale deve essere avviato il computer) e riuscire ad avere a disposizione un dispositivo per leggere le schede perforate e inviare i programmi di diagnostica al sistema!
Tra l’estate del 2024 e la primavera del 2025 abbiamo iniziato a realizzare un prototipo di lettore modificando (in modo reversibile!) un vecchio punched card reader da tavolo Burroughs degli anni ’70. Abbiamo già delle mini bozze di software per convertire le immagini in codice binario. Speriamo di poter portare a termine questa attività e di iniziare a testare la CPU in modo approfondito, eseguendo il codice salvato sulle schede.
Abbiamo anche un piano B per la parte “lettura schede” di questa attività: progettare da zero un accrocchio hardware/software moderno per acquisire le schede rapidamente, ad esempio usando uno scanner dotato di feeder insieme ad un software per riconoscere le posizioni forate.
* Cosa altro faremo?
Come per gli anni passati, non e’ indispensabile unirsi al gruppo restauro!
Ci sono degli spazi che possono essere utilizzati per dei seminari, quindi portate il vostro talk e forse ci sara’ qualcun* disposto ad ascoltarvi.
Infine, la serata di sabato e’ aperta a improvvisazioni e sperimentazioni audiovisive, chi vuole puo’ unirsi alla jam!
In auto: si esce a Rende (ex “Cosenza Nord”) dalla autostrada A2 SA-RC.
In treno: la stazione piu’ vicina (~2km) e’ Castiglione Cosentino.
In aereo: la destinazione e’ Lamezia (aereoporto SUF) e poi bus regionale per Cosenza/Rende oppure bus urbano per Lamezia Terme Centrale (stazione) e poi treno.
** Dove si dorme?
Per una serie di motivi non si puo’ dormire sul posto, quindi annunciate la vostra presenza scrivendo a: museo (at) verdebinario (dot) org e/o inseritevi su questa tabella, cercheremo di aiutarvi a trovare una sistemazione compatibile con il vs budget …oppure arrangiatevi per conto vostro, la citta’ non e’ costosa.
** Si mangia?
Non siamo attrezzati per cucinare e gestire una cucina. Nel MIAI è stata adibita una piccola zona ristoro a supporto della quotidianità, e nei paraggi ci sono diversi supermercati, alimentari, bar e trattorie, tutti piuttosto economici. Organizzeremo la convivialità di volta in volta , valutando le opzioni disponibili, lo stato delle attività e il mood generale delle persone 🙂
** Mi posso lavare?
Abbiamo l’acqua calda a disposizione in due bagni con doccia!
** Posso venire qualche giorno prima / fermarmi qualche giorno in piu’?
Certo che si! Faccelo sapere con un po’ di anticipo (sempre scrivendo a: museo (at) verdebinario (dot) org) cosi’ ci organizziamo per fare cose insieme.
** Posso mollarvi per un po’ e andare a fare un giro nei dintorni?
Si! Il posto si trova in una posizione favorevole per consentire a chi vuole associare all’incontro escursioni a mare o in montagna.
** Posso portare animali?
Gli animali sono benvenuti: prenditene cura e assicurati che non urti la sensibilità degli altri.
** Accessibilità
L’edificio è completamente accessibile a persone con mobilità limitata. C’è la possibilità di avere una timeout zone per le persone neurodiverse.
** Posso portare lə miə figliə?
Sarà predisposto un’area marmocchi per lə bambinə presenti e per allattamento e cambio pannolino.
** Posso fumare?
All’interno dell’edificio non si può fumare, sia sigarette normali sia elettroniche. Ci sono degli spazi esterni per lə fumatorə
** Non ho capito bene cosa si fa.
Non ti preoccupare, vieni lo stesso che ci divertiamo.
Durante la primavera del 2025 siamo stati contattati per un recupero dati da un gruppo di parenti e amici di Marcello Walter Bruno, scomparso nel 2022.
MWB, come era solito firmarsi, non dovrebbe avere bisogno di presentazioni per chi legge queste righe dall’area urbana di Cosenza. Per tutti gli altri diremo semplicemente che “Emmevubi” è stato una figura importante e singolare nella scena culturale locale: tra gli anni 70 e 80 si stufò di fare l’impiegato di banca per diventare un regista televisivo della sede regionale RAI, e infine passare a fare il docente universitario di cinema e fotografia, ruolo che ha rivestito con una sensibilità “pop” leggendaria e particolarmente apprezzata dai suoi studenti. Artista visivo, poeta e saggista, lascia una importante eredità teorica soprattutto nel campo della critica del cinema e della comunicazione. Il suo testo sulla “Neotelevisione” è tuttora considerato un riferimento per gli studi sui mass media.
Abbiamo dunque accettato di buon grado l’incarico, spinti sia dalla sfida tecnica che questo particolare lavoro poneva, sia da una curiosità per i dati da estrarre: chissà cosa sarebbe venuto fuori!
Uno degli aspetti del recupero dati che più ci affascinano è l’effetto capsula del tempo, la suggestione che ci si possa trovare di fronte a tesoro sepolto, e che come in un film di Indiana Jones per accedervi sia necessario affrontare sfide e risolvere intricati enigmi.
Quello che segue è un resoconto tecnico del recupero: un insieme di appunti per tenere traccia delle problematiche riscontrate e delle operazioni effettuate, a beneficio di chi in futuro si trovasse davanti a una situazione simile …noi compresi 🙂
Il primo ostacolo da superare riguarda il supporto fisico su cui si trovano salvati i dati. Si tratta di un insieme di floppy disk rettangolari da tre pollici, non esattamente il formato più comune della storia.
Alcuni dischetti CF2, archivio di Marcello Walter Bruno
In effetti, sforzando un po’ la memoria e con l’aiuto di una rapida ricerca in rete, scopriamo che il “CF2” (Compact Floppy Disc) è uno di quei formati proprietari nati dalle guerre commerciali combattute tra le corporation per imporre uno standard de facto in un dato settore di mercato.
All’inizio degli anni ’80, quando iniziò ad essere chiaro che il classico formato morbido (“floppy”, appunto) da 5 pollici e 1/4 aveva delle importanti limitazioni e doveva essere superato da un supporto più compatto, una cordata di aziende guidata dalla Matsuhita iniziò a produrre e diffondere la variante CF2 per competere con il formato “quadrato” da 3,5 pollici introdotto dalla Sony. Le pubblicità della Hitachi, tra i produttori del formato CF2, annunciavano: “è chiaro che i floppy da 3″ saranno il nuovo standard” ; la storia andò diversamente, e i dischetti da 3.5 pollici divennero onnipresenti, al punto da diventare iconici. Il formato CF2, viceversa, venne prodotto per un lasso di tempo breve, e per un numero limitato di piattaforme.
Dunque, per leggere questi dischetti è necessario utilizzare un drive apposito, che non è affatto scontato trovare. Tra le migliaia di reperti dei nostri musei è possibile trovare periferiche di ogni tipo, e dopo una ispezione nel nostro deposito siamo riusciti a individuare – non immediatamente, dato che i drive da 3 pollici sono esteticamente assai simili a quelli da 3,5 pollici – un lettore adatto, installato su un nostro sistema Amstrad PCW 9512 del 1987.
Una serie di indizi presenti sui supporti ci fanno pensare che i dati di MWB siano stati prodotti su un computer della stessa serie, probabilmente lo stesso modello presente nella nostra collezione. Infatti la “Amsoft“, marchio presente su tutti i floppy, era una società sussidiaria di proprietà di Amstrad; inoltre, sull’etichetta di un dischetto è possibile leggere la dicitura “Locoscript“, ovvero il nome di un software di videoscrittura prodotto quasi esclusivamente per la linea di computer Amstrad PCW. Tecnicamente si tratta di computer costruiti attorno al processore Zilog Z80, e dotati di un sistema operativo CP/M – una combinazione hardware/software molto diffusa negli 80s.
Come scopriremo in seguito, la particolare formattazione dei floppy di MWB restringe ulteriormente il campo a uno degli ultimi modelli della serie, e in particolare proprio il modello 9512 sembra essere l’ipotesi più in linea con la finestra temporale nella quale i dati sono stati salvati, grossomodo dal 1988 al 1993.
Constatato che con ogni probabilità ci troviamo in possesso del drive giusto, è il momento di capire in che condizioni si trova, ispezionandone le parti elettroniche e meccaniche.
A differenza dei lettori più comuni da 3,5 pollici, la cui meccanica si basa sulla trazione diretta, questi particolari lettori fanno girare i dischetti con un meccanismo di trazione a cinghia, che, a 30+ anni dalla produzione rappresenta un punto critico ovvio per il dispositivo, poichè la gomma nel tempo perde la sua caratteristica elasticità e tende a irrigidirsi, diventando fragile. In effetti, la cinghia del lettore che abbiamo trovato ci si è letteralmente sbriciolata tra le mani non appena la abbiamo toccata.
La cinghia del nostro lettore da 3” non è esattamente in buone condizioni
Fortunatamente, questo genere di ricambio è economico e facile da reperire online. Tuttavia, dato che l’elettronica del lettore sembra in ordine, siamo impazienti di provare a leggere i dischetti senza attendere la spedizione di una nuova cinghia. Optiamo per dare una possibilità a una soluzione “punk” immediata: sostituire la cinghia con un semplice elastico. Una rapida puntata a un negozio cinese e recuperiamo per pochi spicci una intera busta di elastici di varie dimensioni, tra cui alcuni che per dimensioni e robustezza sembrano adeguati allo scopo.
Soluzione punk: elastico viola
A questo punto, per poter effettuare delle letture la cosa più comoda è interfacciare il lettore a un pc tramite uno dei moderni controller pensati appositamente per riversare dati da floppy disk. Questi dispositivi consentono di collegare praticamente ogni tipo di lettore floppy (da 8″, da 5.25″, da 3.5″, da 3″, ecc) a una porta USB, e di pilotare ciascuno di questi drive con un insieme di strumenti software pensati specificamente per il recupero dati.
In passato, nel nostro laboratorio abbiamo usato con successo soprattutto un dispositivo chiamato “fluxengine“, ma per questo recupero abbiamo deciso di sperimentare una board di concezione leggermente più recente, la “greaseweazle“. Entrambe le schede sono progettate in ambito amatoriale, ma nella nostra esperienza rappresentano una alternativa più che valida al dispositivo commerciale “kryoflux“.
Tutte queste interfacce consentono di salvare una rappresentazione del “flusso magnetico” grezzo direttamente dalle testine del lettore, e offrono strumenti di conversione per estrarre da questa forma d’onda una immagine binaria serializzata bit-per-bit del contenuto digitale del supporto.
Dopo aver combattuto un po’ con il collegamento fisico dalla board al lettore, non documentato correttamente nelle risorse che abbiamo trovato in rete riusciamo ad interagire con il drive.
probabilmente l’elastico non durerà quanto una “vera” cinghia di gomma ma il lettore gira alla velocità giusta (circa 300rpm).
Finalmente possiamo provare ad acquisire i dati. Inseriamo un dischetto con nel lettore collegato al controller Greaseweazle (scegliamo quello che sembra meno “importante”, con l’etichetta del software “Locoscript”, sicuramente reperibile in rete), e facciamo delle prove di lettura.
Nel frattempo abbiamo scoperto che esiste un emulatore, Joyce , in grado di riprodurre in software il funzionamento di un sistema Amstrad PCW e di far girare la maggior parte dei programmi, incluso Locoscript. Se la nostra ipotesi è corretta (i dischetti contengono testi redatti con il programma Locoscript su un Amstrad PCW), Joyce è proprio quello che ci serve: appena riusciremo ad avere delle immagini binarie dei dischetti potremo “agganciarle” all’emulatore e leggere i testi con Locoscript.
Ci imbattiamo subito in un problema che ci terrà impegnati per un po’ di tempo: i dump che otteniamo seguendo le specifiche dei dischetti CF2 (singola facciata, 40 tracce, 9 settori per traccia, 512bytes per settore, per 180k di capienza totale) vanno a buon fine, ma non riusciamo a ottenere delle immagini binarie realmente funzionanti nell’emulatore: le strutture delle directory a volte hanno nomi contenenti caratteri speciali, e/o comunque non sono accessibili.
Passando le immagini binarie al setaccio con l’utility strings – un trucco che usiamo sempre per verificare i dump e avere una idea di massima del loro contenuto – siamo effettivamente in grado di leggere degli stralci di testo che evidentemente è quello di oggetti narrativi e di saggistica, ma la maggior parte delle frasi si interrompono a metà, e il testo che potrebbe concluderle non si trova da nessuna parte del dump.
Non resta che approfondire le ricerche di documentazione in rete… forse abbiamo sbagliato qualcosa, è improbabile che tutti i dischetti contengano dati corrotti.
La documentazione ufficiale non è particolarmente utile: conferma solo che abbiamo seguito alla lettera le specifiche di “geometria” per lo standard CF2. Dopo aver seguito un po’ di discussioni all’interno del folklore degli utenti PCW, troviamo il bandolo della matassa e..
…scopriamo un complotto! 😱
I dischetti CF2-DD, commercializzati da Matsuhita e dagli altri vendor come una evoluzione più capiente (ben 720k!) dei floppy CF2 sono un imbroglio pubblicitario, essendo identici in tutto e per tutto ai “vecchi” CF2, ovvero il formato fisico è esattamente lo stesso per entrambi i formati. Semplicemente, a un certo punto sono stati prodotti dei drive in grado di leggere/scrivere 80 tracce su due facciate (con due testine). Dunque, come nel nostro caso, con un lettore adeguato un dischetto con l’etichetta CF2 puo’ benissimo essere letto/scritto come un CF2-DD su un drive da 3 pollici più recente.
Rileggendo i dischetti con le nuove impostazioni, otteniamo delle immagini binarie da 720k perfettamente leggibili e complete!
di seguito le linee di comando con i parametri utilizzati per leggere i dischetti ed estrarre le immagini binarie dal flusso magnetico:
# lettura disco -> "raw flux" file (formato SuperCard Pro) $ gw read –revs=6 –drive B –tracks=c=0-79:h=0-1 file.scp
# conversione scp -> edsk (immagine binaria con headers per emulatore Joyce) $ gw convert --tracks=c=0-79:h=0-1 --format ibm.scan file.scp file.edsk
Dando un’occhiata con Joyce, scopriamo diversi testi di saggistica e una raccolta di racconti brevi, dal titolo “Rovine”, che risulteranno essere inediti.
L’inizio di uno dei racconti ritrovati, nell’emulatore dell’ambiente originale
A questo punto non resta che estrarre i singoli file/dataset dalle immagini, convertirli in un formato leggibile da un pc moderno e consegnarli a chi ci ha richiesto il recupero.
Per la prima operazione abbiamo usato cpmtools, un toolkit che permette di interagire con i vari filesystem tipici dei sistemi CP/M. Una importante accortezza da utilizzare è quella di aggiornare il file di cpmtools che contiene le definizioni dei vari formati di dischetti usati in ambiente CP/M con una versione più recente e completa rispetto a quella contenuta nell’ultima release del programma. La versione “Revised diskdefs for cpmtools” contiene anche la definizione per il formato CF2-DD e può essere trovata qui.
Una volta estratti i file, siamo riusciti a scovare in rete un freeware utilizzabile per convertire i documenti prodotti da Locoscript in un formato compatibile con i moderni software di videoscrittura. Ailink, originariamente distribuito come tool a pagamento, è stato messo a disposizione per il download gratuito dopo il fallimento dell’azienda che lo produceva.
Tutto il materiale (immagini binarie dei dischetti, file originali Locoscript, documenti convertiti in doc/rtf) è stato consegnato ai parenti di MWB, i quali stanno valutando la possibilità di pubblicare alcuni dei testi inediti recuperati dai vecchi dati.